Psichiatria

L’invisibilità della Fibromialgia – Vediamoci (più) chiaro!

Fibromialgia, di cosa si tratta?

Dal suo riconoscimento nel 1992 come malattia nosograficamente autonoma ad opera dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), molto è stato detto sulla Fibromialgia, ma nessuno sembra avere le idee chiare su tale fenomeno.

Molte infatti sono rimaste le “zone cieche” di tale sindrome, che resta una delle diagnosi più controverse della medicina moderna, soprattutto perché, a dispetto dell’enorme mole di segni e sintomi con cui può “incarnarsi”, gli esami obiettivi e neurologici risultano il più delle volte nella norma e le cause ad oggi incerte e solo ipotizzabili.

Ciononostante, possiamo cercare di delineare un profilo generale, sintomatologico ma anche, e soprattutto, psicologico, della persona che soffre di Fibromialgia.

La Fibromialgia è una sindrome caratterizzata da dolore cronico e diffuso, accompagnato da molteplici “tender points” (ovvero punti dolenti alla pressione) all’esame fisico, che incide profondamente sulla qualità di vita della persona, con pesanti ricadute a livello lavorativo, sociale, psicologico e familiare.

Tale quadro si associa spesso infatti con un enorme ventaglio di sintomi o disfunzioni quali astenia, disturbi del sonno, disturbi neurocognitivi ed emotivi, ma anche parestesie (come formicolio, intorpidimento), acufeni, sindrome del colon irritabile e disfunzioni sessuali. La costellazione sintomatologia appena descritta viene tra l’altro accentuata da freddo, umidità, rumori ma anche – soprattutto – da eventi stressanti (come lutti, abusi e/o violenze, rifiuti e maltrattamenti fisici e/o psicologici), periodi di inattività o sovraccarico.

Per quanto riguarda il rapporto della fibromialgia con i disturbi psichiatrici, è stato dimostrato che il rischio di sperimentare o aver sperimentato nel corso della vita disturbi d’ansia, episodi di depressione maggiore e un disturbo post-traumatico da stress risulta essere di 5 volte superiore in chi soffre di questo disagio rispetto alla popolazione normale.

Quel che è certo è che avere a che fare con persone che sperimentano questa sofferenza significa riscontrare nella maggior parte dei casi anamnesi psicologiche piuttosto complesse, caratterizzate da importanti e pregressi vissuti emotivi traumatici, spesso repressi o rimasti silenti nella vita della persona.

L’espressione “male invisibile” con cui spesso viene denominata la fibromialgia ha costituito – e troppo spesso purtroppo continua a costituire – un ennesimo “vuoto” nel vissuto psicologico di questi soggetti, che sentono di essere considerati veri e propri “malati immaginari” e che spesso “girano a vuoto” rimbalzando da una terapia all’altra senza tregua né cospicui risultati.

Quale il vissuto di chi soffre di Fibromialgia?

Ma veniamo ora ad analizzare, seppur a grandi linee, un potenziale identikit psicologico della persona che soffre di Fibromialgia: quest’ultima infatti presenta spesso importanti difficoltà nel riconoscere e identificare le emozioni negative, una forte tendenza alla vittimizzazione e alla mancanza di assertività, nonché una subliminale e soverchiante convinzione che i bisogni degli altri siano più importanti dei propri, generalmente negletti o repressi.

Il soggetto fibromialgico tende inoltre a sperimentare un elevato senso del dovere, tratti di perfezionismo e una marcata tendenza all’autosacrificio, il tutto generalmente teso ad una strenua ricerca dell’approvazione altrui.

Degno di menzione risulta inoltre il rapporto di queste persone con la propria rabbia: tale emozione verrebbe infatti estremamente temuta e, per tale motivo, ipercontrollata e negata dalla persona che, a causa della propria bassa autostima e scarso senso di autosufficienza, tenderebbe a tutelare ad ogni costo le proprie relazioni interpersonali, dalle quali sente di dipendere profondamente.

Sarebbero proprio tali importanti sentimenti di rabbia e ansia – associata al catastrofismo e al senso di impotenza – a “incarnarsi” in un generale forte irrigidimento muscolare e iperattivazione cronica del sistema simpatico, che si ipotizza potrebbero costituire uno dei tanti possibili fattori eziologici della sindrome fibromialgica.

A livello cognitivo invece tali soggetti riportano generalmente un’importante tendenza al rimuginio e alla ruminazione, che contribuirebbero all’abbassamento e al mantenimento del tono dell’umore, all’aumento di ansia, rabbia ed altri stati emotivi negativi, nonché dunque a una generale conseguente amplificazione della percezione del dolore.

Psicoterapia, quanto è importante (e perché)?

Come brevemente descritto, molte sono le emozioni negative in gioco quando si tratta di un paziente fibromialgico, ma soprattutto molte sono le difficoltà e la mancanza di “strumenti” con cui elaborarle e – conseguentemente – gestirle. La tristezza, la rabbia, la vergogna per l’”intangibilità” del proprio dolore e un dilagante senso di impotenza portano infatti troppo spesso la persona ad isolarsi e, inconsapevolmente, acuire la propria sofferenza e stato fisico. Anche la famiglia risente ovviamente della complessa situazione del proprio caro, sperimentando a propria volta profondi vissuti di colpa ed inadeguatezza nell’affiancarlo e sostenerlo, che interferirebbero minando ancor più la qualità di tali relazioni.

La Fibromialgia si può curare?

Quel che è certo, e dimostrato, è che per chi soffre di questo disagio si può fare molto, con ampi margini di miglioramento sintomatologico e psicologico della persona.

Ad oggi, il trattamento d’elezione per la fibromialgia non sembra essere quello meramente farmacologico (con particolare riferimento alla categoria degli antidepressivi), bensì la sua necessaria e fondamentale integrazione con una psicoterapia, che avrà come fine quello di far elaborare al paziente le proprie emozioni, insegnando ad esprimerle in maniera adeguata e a responsabilizzarsi in una ripresa attiva della proprio ruolo agente in relazione al proprio sentimento di sé e delle proprie relazioni interpersonali.

I risultati sull’efficacia di tale approccio integrato hanno infatti mostrato esiti incoraggianti, in quanto condurrebbe ad un’importante riduzione della sintomatologia fibromialgica, nonché ad un netto miglioramento della qualità di vita del paziente.

Questo articolo è stato scritto dalla dott.ssa Guia Nerli, Psicologa e Psicoterapeuta in Formazione – Contattami al : 351 816 9454 o visita la pagina  https://www.facebook.com/guia.nerli.psicologa/

In collaborazione col dott. Marcello Florita

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